Governo di scopo o inciucione?

Scrivo mentre le televisioni stanno sciorinando le proiezioni dei risultati elettorali, per cui è molto presto per trarre qualsiasi tipo di conclusione.

Balzano già però agli occhi alcune evidenze. La prima, macroscopica, è il crollo del PD. Nel 2013, il partito allora guidato da Bersani prese circa il 28% dei voti, oggi lo stesso partito a guida Renzi è intorno al 18%. A questo punto è legittimo attendersi che il segretario si dimetta e mantenga, finalmente, la promessa fatta prima del referendum costituzionale del 2016, l’annunciato ritiro dalla politica.

La seconda evidenza è che il Movimento 5 Stelle ha stravinto, anche se questo non sarà sufficiente per governare, a meno che l’assegnazione dei seggi, con quel terzo di voti maggioritari, non gli spiani la strada della maggioranza assoluta.

La terza evidenza, purtroppo, è che l’Italia è comunque tornata a guardare alla destra. In termini di coalizione Salvini, Berlusconi e la Meloni hanno raggiunto quasi il 38% dei consensi, mentre Liberi e Uguali si sono fermati poco sopra l’asticella della soglia di sbarramento.

Insomma, il Presidente della Repubblica avrà un bel nodo da sciogliere, perché non vedo altre alternative possibili che quelle annunciate dal titolo di questo post: un governo di scopo o un governo di larghe intese (anche se preferisco definirlo inciucione).

Un governo di scopo per fare che cosa? Di sicuro una legge elettorale seria, che garantisca la rappresentanza e restituisca al Parlamento il suo ruolo così come sancito dalla Costituzione. E questa legge elettorale non potrà essere che proporzionale, visto che in Italia il maggioritario non funziona. Se risalgo con la mente ai primi anni Novanta, ricordo che una delle ragioni che portarono a scegliere il bipolarismo fu quella che nel nostro Paese esistevano troppi partiti e che ciò comportava una negoziazione continua. Ce n’erano infinitamente meno di quanti ce ne sono oggi, ma, soprattutto, le sigle erano chiare e riconoscibili, poiché erano sempre le stesse.

In secondo luogo, un governo di scopo per ridare all’Italia un ruolo attivo all’interno dell’Unione Europea. Deve finire questa stagione nella quale è stato approvato tutto quello che veniva chiesto all’Italia di fare. È questa la ragione della nascita dei cosiddetti populismi e dell’ascesa di forze che si richiamano al Ventennio. Un ruolo attivo dell’Italia è imprescindibile. E si deve avere il coraggio di prendere in considerazione l’uscita dall’euro e dall’Unione Europea, se si vuole avere voce in capitolo. Non esistono mezze misure: o si accetta tutto o si picchia il pugno sul tavolo.

L’alternativa è quella di un governo di larghe intese, ma fra chi? L’unica ipotesi plausibile è quella di un accordo fra PD e Forza Italia ma, allo stato attuale delle rilevazioni, insieme non avrebbero i numeri per governare e quindi questa soluzione non è proponibile. Gli unici che potrebbero costituire un governo bicolore sarebbero i Cinque Stelle e la Lega ma, francamente, la vedo una soluzione assai improbabile.

Non invidio Mattarella.

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