Gramsci, un patrimonio che la sinistra non riesce a far suo

Riprendo questo articolo da Left, una rivista che mi piace sempre di più e che si sta affermando come voce di critica costruttiva all’interno del dibattito della sinistra italiana. Oggi, più che mai, c’è ancora bisogno di Gramsci, del suo pensiero e del suo metodo di analisi per comprendere la società in trasformazione, il “sistema in movimento”. 

Nel mio piccolo, ho cercato di contribuire alla conoscenza del pensiero di Gramsci con la trascrizione dei Quaderni e di altre opere di e sul “capo della classe operaia italiana” (come lo definì Togliatti). Quindi, grazie a Left e complimenti per la bella copertina che, quando l’ho vista in edicola, mi ha dato una forte emozione.

Donatella Coccoli, Left, 27 aprile 2017

Gramsci forever

La copertina di Left in edicola dal 22 aprile

Era il 25 aprile 1937 e il giudice del tribunale di sorveglianza di Roma aveva comunicato a Antonio Gramsci, ricoverato nella clinica Quisisana, che era finalmente un uomo libero. Ma la sera stessa, dopo aver cenato, Gramsci venne colto da una emorragia cerebrale e all’alba del 27 aprile cessò di respirare. Aveva 46 anni e nonostante il carcere e la malattia, aveva realizzato una riflessione politica straordinaria.

Ottant’anni dopo, l’anniversario gramsciano dovrebbe essere l’occasione per riflettere sul pensiero, sulla filosofia della praxis, sul concetto di egemonia culturale dell’autore dei Quaderni. La sinistra dovrebbe attingere a piene mani a un patrimonio inestimabile, come ha accennato anche lo storico Angelo d’Orsi sulle pagine di Left adesso in edicola. D’Orsi, autore per Feltrinelli di una nuova biografia – cinquant’anni dopo quella di Giuseppe Fiori – afferma che è drammaticamente necessaria oggi una figura come quella di Gramsci che per tutta la sua vita ha avuto come stella polare «l’esigenza della liberazione dei ceti subalterni».

Ma oggi non esistono intellettuali come lui, capaci di analisi profonde e originali che nemmeno lo stesso partito comunista di allora riuscì a cogliere. E al tempo stesso, Gramsci, si presenta come un personaggio ingombrante, con cui è difficile identificarsi. Non è un “brand” qualsiasi. Ci ha provato Matteo Renzi con il suo consigliere Tommaso Nannicini a tirare in ballo il concetto di egemonia culturale al Lingotto di Torino. Ma la cosa è davvero poco credibile.

Un presidente del Consiglio che ha voluto una riforma come la Buona scuola cosa ha in comune con chi teorizzava il fatto che tutti gli uomini sono intellettuali e che la scuola è un cardine della lotta per lo sviluppo umano? Cosa c’entra davvero il Pd di oggi con il partito Principe di cui parlava Gramsci? I fatti, cioè le riforme renziane “centraliste”, vanno in direzione contraria rispetto ai concetti espressi nei Quaderni in cui le masse erano comunque sempre protagoniste nella lotta di emancipazione. E non si venga a dire che oggi non c’è bisogno di emancipazione, con i 4 milioni e mezzo di italiani in povertà assoluta, il quasi 40 per cento di disoccupazione giovanile e il record di abbandoni scolastici rispetto all’Europa.

Anche a sinistra del Pd, tuttavia, non si può dire che ci sia una corsa frenetica per prendere o comunque studiare l’opera di Gramsci.
Vedremo cosa uscirà oggi dal convegno Gramsci ottanta anni dopo a Roma (ore 9, Sala Gonzaga, Via della Consolazione 4), promosso da Sinistra italiana e organizzato dal professor Michele Prospero. Tra i partecipanti, Stefano Fassina, Luciana Castellina, Nicola Fratoianni, Claudio De Fiores, Piero Bevilacqua. (per la diretta qui)

Oggi Gramsci verrà commemorato anche alla Camera dei deputati dove, ricordiamo, venne eletto il 6 aprile 1924. Una carica che mantenne fino all’8 novembre 1926 quando venne arrestato. Per lui si sarebbe spalancato il portone di varie carceri italiane dove però con una forza incredibile, pur in condizioni di salute sempre più precarie fino a farsi gravi dal 1935, riuscì a scrivere la grande opera che Mario Lavia su L’unitàdefinisce «una mole inevitabilmente di teoria “disorganica”». In realtà rappresenta una ricerca politica e culturale che non ha precedenti in Italia né prima e né dopo Gramsci. «Non c’è un argomento dello scibile umano di cui lui non si sia occupato», conferma Angelo d’Orsi.

Linguaggio, arte e letteratura, scuola, giornalismo, organizzazione politica, sono solo alcuni temi che si ritrovano nei Quaderni. I libriccini che cominciò a scrivere nel 1929 nel carcere di Turi saranno in mostra nella Sala della Lupa alla Camera fino al 7 giugno a cura della Fondazione Gramsci. Per la prima volta vengono esposti gli originali dei 33 quaderni e di cento volumi, tra libri e riviste, in possesso di Gramsci durante la detenzione. I manoscritti sono esposti accanto alla loro versione digitale e possono essere sfogliati integralmente.

Sempre oggi dalle 18 nella sede della Enciclopedia italiana il doppio evento Passato e presente, con One day exhibition, una installazione di Elisabetta Benassi e l’esecuzione dell’opera di Luigi Nono La fabbrica illuminata.

Quasi a sottolineare il legame con la cultura e l’arte che Gramsci aveva sempre avuto anche come giornalista e di cui si parla ampiamente anche nel numero in edicola di Left. Un’altra prova della grandezza della sua figura, in cui la politica va di pari passo con la cultura. Qualsiasi paragone con l’oggi è assolutamente improponibile.

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