Sul CNEL si sarebbe anche potuto discutere

cnel

Villa Lubin, già Villa Italia, sede del CNEL

Una delle modifiche alla Costituzione che saranno oggetto del referendum del 4 dicembre riguarda l’art. 99 della Costituzione. Quello tuttora in vigore recita:

Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa.
E` organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge.
Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge.

Nella cosiddetta riforma promossa da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, questo articolo verrebbe cancellato e si potrebbe dire che era ora, vista l’inutilità del CNEL.

Facciamo però due considerazioni. La prima, di ordine metodologico, risiede nel fatto che si sarebbe tranquillamente potuti andare al referendum con più quesiti, In tal caso, probabilmente questo articolo sarebbe stato abrogato senza alcun problema, specie perché il CNEL è assurto a simbolo degli enti inutili a causa della sua particolare inefficienza. Negli ultimi anni, però, è invalsa la tendenza di accorpare a livello legislativo, anche questioni che nulla hanno a che fare fra loro. Il caso più emblematico è quello, forse, della legge finanziaria in un solo articolo di decine e decine di pagine.

La seconda considerazione è di ordine, se vogliamo storico, perché dobbiamo cercare di capire le cause del cattivo funzionamento di un organismo che, invece, potrebbe rivestire una notevole importanza. Intanto, occorre dire che dall’entrata in vigore della Costituzione e l’istituzione formale del CNEL passarono nove anni (la legge che finalmente lo istituiva è datata 5 gennaio 1957). Le sue competenze sono in materia economica e sociale ed è stato voluto dai Padri costituenti come organo consultivo per il Governo, per le Camere e per le Regioni. Inoltre, il CNEL ha diritto all’iniziativa legislativa, limitatamente alle materie di propria competenza. Avrebbe quindi potuto, e dovuto, essere un luogo di scambio di opinioni, volto a ricercare il bene comune anziché il perseguimento degli interessi di bottega.

Il concetto chiave è quello di organo consultivo. Se andiamo a vedere sul sito del CNEL, nel riepilogo di cinquant’anni e più di attività l’ente ha svolto i suoi compiti, almeno dal punto di vista propositivo (negli ultimi anni, insieme all’ISTAT, ha elaborato il BES, Benessere Equo e Sostenibile, una serie di indicatori economici per misurare l’attività economica, in alternativa al PIL). Come organo consultivo, invece, il CNEL ha pagato le scelte politiche. Pensato come organo neutro, come corpo intermedio dello Stato, può esercitare la sua funzione principale solo su richiesta del governo, del Parlamento o delle Regioni. Ma queste istituzioni non sempre lo hanno fatto, preferendo rivolgersi a consulenti di parte o decidere per conto proprio.

Dopo l’ultimo riordinamento legislativo (l. 214/2011), il CNEL è composto da 65 membri, così suddivisi:

  • il Presidente, nominato con decreto del Presidente della Repubblica;
  • 10 “esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica”, di cui:
    • 8 nominati direttamente dal Presidente della Repubblica e
    • 2 nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio stesso;;
  • 48 “rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato”, di cui:
    • 22 rappresentanti dei lavoratori dipendenti, tra i quali 3 “rappresentano i dirigenti e i quadri pubblici e privati”;
    • 9 rappresentanti dei lavoratori autonomi e delle professioni;
    • 17 rappresentanti delle imprese;
  • 66 rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato.

I membri restano in carica cinque anni e possono venir riconfermati. A quanto ne so, si riuniscono poche volte nel corso dell’anno, percepiscono un gettone di presenza simbolico e le spese di viaggio e trasferta a Roma sono a carico delle organizzazioni di provenienza (con l’eccezione, forse, di coloro che sono nominati dalla Presidenza della Repubblica).

A questi membri nominati vanno aggiunti, ovviamente, i lavoratori che mantengono in vita la struttura dal punto di vista dell’operatività concreta. Rispetto agli standard italiani, non si tratta di un grande carrozzone, anche se – come è ovvio – andrebbe sfruttato per le sue potenzialità.

Un’ultima considerazione a margine. In molti dei suoi libri, il Premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz ricorda (con un certo compiacimento) di essere stato prima membro e poi presidente del Consiglio dei consulenti economici della Casa Bianca sotto la presidenza Clinton. Anche lì venivano elaborate proposte non vincolanti (spesso e volentieri il presidente degli Stati Uniti fece di testa sua, non ascoltando la voce dei suoi consiglieri, ma l’opportunità politica del momento) e suggeriti interventi legislativi. Esattamente come per questo istituto che, nella loro saggezza e lungimiranza, i Costituenti vollero fosse costituito. Ovviamente,  però, la loro idea era che poi lo si utilizzasse al meglio.

Negli ultimi anni, alcuni membri del CNEL sono stati indagati, sono state pagate indebite consulenze, ecc. Il solito discorso relativo a troppe situazioni in Italia. Ma quello che ho inteso illustrare in questo post non è il funzionamento del Consiglio Nazionale Economia e Lavoro, bensì il suo spirito fondativo e il forte legame esistente fra l’articolo 99 della Costituzione e l’articolo 2 (“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.“), dato che viene messo in stretta relazione il concetto di economia con quello di lavoro.

Meglio di me questi stessi concetti sono stati esposti da Gian Paolo Gualaccini, vice-Presidente del CNEL, su Avvenire del 4 novembre 2016: Il CNEL non va difeso, i valori fondativi invece sì.

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