La riforma del Senato in una immagine

Sul sito del Ministero per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento si trova l’immagine qui riprodotta, piccola e quasi illeggibile, a completamento grafico del titolo e dell’estratto di un breve comunicato intitolato “Camera: via libera alla riforma istituzionale“.

Riforma Costituzionale

Peccato che, se su Google si digita “riforma costituzionale” e si guardano le immagini disponibili, questa appaia a dimensioni piene – come si può verificare cliccandovi sopra – e che, a questo punto, il testo sia pienamente leggibile.

Dal punto di vista della comunicazione l’immagine è chiarissima. A sinistra il vecchio, grigio; a destra il nuovo, in colore vivace. Persino la scelta dei caratteri è emblematica. Nella parte a sinistra viene usato un font vecchio stile, mentre nella parte destra il font è moderno, leggibilissimo, gradevole perché bello tondeggiante.

Dal punto di vista grafico si tratta di un messaggio ineccepibile. Peccato sia fuorviante, dato che la riforma costituzionale non rappresenti affatto una significativa riduzione dei costi della politica, obiettivo che si sarebbe potuto raggiungere in moltissimi altri modi. Il calcolo l’ho già fatto e non sto certo a ripeterlo. È un messaggio demagogico, che occhieggia alle campagne in atto per la riduzione dei costi della politica e scommette sul fatto che nessuno andrà effettivamente a fare il conteggio (lo ricordo 3 € in media all’anno per ogni cittadino italiano).

Un paio di settimane fa, ho partecipato a un dibattito fra un parlamentare sostenitore delle ragioni del NO, Stefano Quaranta di SEL-Sinistra Italiana, e uno per le ragioni del SI, David Ermini, PD. Nella discussione, Ermini non ha affrontato l’argomento costi della politica, così sono intervenuto dal pubblico e l’ho fatto io. La risposta è stata abbastanza sconcertante. Mi ha dato ragione sui calcoli, perché la struttura del Senato resterà in piedi e quello che si elimina sono solo i senatori, ma ha affermato che si deve ragionare in prospettiva futura. La riduzione dei costi inizierà a misurarsi in fra qualche anno e più passerà il tempo più sarà consistente. Un po’ come dire: il Jobs Act non sta creando posti di lavoro, ma i benefici della riforma si vedranno di qui a vent’anni (e un disoccupato come fa?).

Infine, mi piace la terminologia del messaggio sopra riportato, perché è vero: si pagheranno 315 stipendi in meno, ma a quanto pare i 100 senatori, o delegati regionali, o come si chiameranno, percepiranno un’indennità di carica. Che questa sia a carico dello Stato o delle Regioni di appartenenza poco importa al cittadino, visto che alla fine sono sempre soldi provenienti dalle sue tasse (se le paga). Quello che invece importa – a me, ma spero anche a qualcun altro – è che si utilizzino slogan ad effetto per far passare di nascosto modifiche anche rilevanti all’assetto istituzionale del nostro Paese e che, tramite queste, si spiani la strada a operazioni devastanti per la gente comune.

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