Cappuccetto Rosso secondo Gramsci

Antonio Gramsci, mentre era in carcere, tradusse anche alcune favole dei fratelli Grimm. Lo fece come gesto di vicinanza per i propri figli che stavano a Mosca e per migliorare la propria conoscenza del tedesco.

Ecco la storia di Cappuccetto Rosso tradotta da Gramsci.

C’era una volta una dolce fanciulla a cui tutti volevano bene specialmente la nonna, la quale non sapeva più che cosa regalarle. Una volta le regalò un cappuccetto di velluto rosso e poiché le stava molto bene e non voleva portare niente altro, fu chiamata solo Cappuccetto Rosso.

Un giorno la madre le disse: «Va’, Cappuccetto Rosso, eccoti un pezzo di focaccia e una bottiglia di vino, portali alla nonna, che è ammalata e debole e le farà bene. Levati prima che faccia troppo caldo e quando uscirai cammina composta e per benino, senza allontanarti dalla strada, perché altrimenti puoi cadere, rompere la bottiglia e la nonna non avrà più nulla. E quando entri nella sua stanza, non dimenticare di dire buongiorno e non andare intorno a guardare negli angoli»-

«Farò tutto per benino», disse Cappuccetto Rosso alla madre e per promessa le dette la mano.

Ma la nonna abitava fuori, nella foresta, a una mezz’ora dal villaggio. Appena Cappuccetto Rosso entrò nella foresta, le venne incontro il lupo. Cappuccetto Rosso però non sapeva quale malvagia bestia fosse e non ne ebbe paura.

«Buon giorno, Cappuccetto Rosso», disse il lupo.

«Tante grazie, lupo».

«Dove vai così di buon’ora, Cappuccetto Rosso?».

«Dalla nonna».

«Cosa porti sotto il grembiule?».

«Focaccia e vino; ieri abbiamo infornato il pane, così la nonna che è ammalata e stanca potrà mangiare qualche cosa di buono e rinforzarsi».

«Cappuccetto Rosso, dove abita la tua nonna?».

«Ancora un buon quarto d’ora più lontano, nella foresta, la sua casa sta sotto tre grosse querce, più sotto c’è la macchia di noccioli, che tu certo conoscerai», disse Cappuccetto Rosso.

Il lupo pensò tra sé: «La ragazzina è tenera, è un boccone grasso molto più saporito della vecchia; bisogna incominciare astutamente da questa e così le accalappierò tutte due».

Si avvicinò un po’ a Cappuccetto Rosso e disse: «Cappuccetto Rosso, guarda che bei fiori ci sono qui; perché non ti guardi intorno? Credo che tu non senta neppure che gli uccellini cantano dolcemente! Tu cammini come se andassi a scuola, invece è così gaio stare nella foresta».

Cappuccetto Rosso sbatté gli occhi e quando vide i raggi del sole che brillavano qua e là attraverso gli alberi e tutti quei bei fiorellini, pensò: «Se porterò alla nonna un mazzolino fresco, le farò molto piacere; è ancora così presto che arriverò sempre in tempo».

Lasciò la strada e si internò nella foresta in cerca di fiori. E quando ne aveva colto uno pensava che ancora più in là ce ne sarebbero stati di più belli e così facendo sempre più si addentrava nella foresta.

Ma il lupo si diresse direttamente verso la casa della nonna e bussò alla porta.

«Chi è?».

«Cappuccetto Rosso che porta focaccia e vino, apri».

«Spingi il saliscendi – gridò la nonna, – sono molto debole e non posso alzarmi».

Il lupo spinse il saliscendi, la porta si aprì ed egli andò, senza dire una sola parola, diritto al letto della nonna e la divorò.

Poi indossò i suoi abiti, si mise la sua cuffietta, si coricò nel letto e tirò le tendine.

Intanto Cappuccetto Rosso correva dietro ai fiori e quando ne ebbe colti tanti, quanti ne poteva portare, si ricordò di sua nonna e si rimise in strada verso la casa.

Si meravigliò, arrivando, che la porta fosse aperta e quando entrò nella stanza tutto le parve così strano, tanto che pensava: «Dio mio, oggi mi sento angosciata, eppure sto sempre volentieri con la nonna!».

Gridò: «Buongiorno!». Ma non ricevette risposta. Allora andò verso il letto e tirò indietro le tendine; sul letto giaceva la nonna che aveva la cuffietta messa fino al naso e uno strano aspetto.

«Eh, nonna, che orecchie lunghe hai!».

«Per sentirti meglio».

«Eh, nonna, che occhi grandi hai!».

«Per vederti meglio».

«Eh, nonna, che mani grandi hai!»

«Per afferrarti meglio».

«Però, nonna, che bocca terribilmente grande hai!».

«Per mangiarti meglio!».

Appena detto ciò, il lupo fece un balzo dal letto e inghiottì la povera Cappuccetto Rosso.

Poi, soddisfatta la sua fame, si sdraiò di nuovo sul letto, si addormentò e cominciò a russare fragorosamente.

Un cacciatore che passava davanti alla casa pensò: «Come russa la vecchia; vado a vedere se le occorre qualcosa».

Entrò nella stanza e appena fu vicino al letto s’accorse che vi era sdraiato il lupo.

«Eccoti qui, vecchio peccatore – disse, – ti ho cercato tanto».

Stava puntando il fucile, ma poi gli venne in mente che il lupo poteva aver divorato la nonna tutta intera e che forse si poteva ancora salvarla: non sparò, ma prese le forbici e incominciò a tagliare la pancia del lupo che dormiva. Fatto un paio di tagli, vide balenare il Cappuccetto Rosso; ancora un paio di tagli e la ragazza saltò fuori gridando: «Ah, com’era brutto, come era buio nella pancia del lupo».

Dopo anche la vecchia venne fuori ancora viva anche se poteva appena respirare.

Cappuccetto Rosso corse a prendere dei grossi sassi per riempire la pancia del lupo e quando questi si svegliò, volle saltar via, ma i sassi erano così pesanti, che cadde pesantemente e morì.

Tutti e tre erano contenti: il cacciatore scuoiò il lupo e si portò a casa la pelle; la nonna mangiò la focaccia e bevette il vino che Cappuccetto Rosso aveva portato e si rimise in salute.

E Cappuccetto Rosso pensò: «Mai più uscire dalla strada per correre nella foresta quando la mamma me lo proibirà».

Si racconta anche che un’altra volta mentre Cappuccetto Rosso portava il pane alla sua vecchia nonna, un altro lupo le abbia rivolto la parola per indurla a fermarsi. Ma Cappuccetto Rosso se ne guardò bene e continuò diritta per la sua strada e disse alla nonna di aver incontrato il lupo, che le aveva augurato il buongiorno ma che l’aveva guardata con occhi malvagi. «Se non fossimo stati nella pubblica via, mi avrebbe mangiata». «Va’ – disse la nonna – a chiudere la porta, perché non possa entrare».

Poco dopo il lupo bussò e disse: «Apri, nonna, sono Cappuccetto Rosso e ti porto il pane».

Ma esse rimasero zitte e non aprirono la porta; la testa grigia strisciò pian piano intorno alla casa, finalmente saltò sul tetto per attendere che Cappuccetto Rosso alla sera ritornasse a casa; l’avrebbe seguita di soppiatto e nell’oscurità l’avrebbe divorata.

Ma la nonna capì che questa era la sua intenzione. Davanti alla casa stava un grosso truogolo di pietra. La nonna disse alla fanciulla: «Prendi il secchio, Cappuccetto Rosso, ieri ho cotto delle salsicce, versa l’acqua in cui le ho cotte nel truogolo».

Cappuccetto Rosso portò tanta acqua finché il truogolo fu pieno.

L’odore delle salsicce salì al naso del lupo, che fiutò, guardò giù e allungò talmente il collo che perse l’equilibrio e cominciò a scivolare, sdrucciolò giù dal tetto, diritto diritto dentro il grosso truogolo, dove annegò.

Cappuccetto Rosso tornò a casa tutta contenta e nessuno le fece del male.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

albertosoave.it © 2017 Frontier Theme