Siamo invasi dai migranti, la più grande tra le fake news

Umberto De Giovannangeli, Huffington Post, 28 giugno 2017

Il ministro dell’Interno ha invertito la rotta dell’aereo che l’avrebbe dovuto portare negli Usa per far rientro immediato a Roma. Uno pensa che l’Italia stia per diventare come il Venezuela, che le piazze stiano per esplodere, che chissà quali minacce oscurino il futuro del Paese.

Niente di tutto questo, per fortuna. Il precipitoso rientro al Viminale del ministro Minniti è dato da quella che viene vissuta come una inquietante escalation degli arrivi sulle nostre coste di migranti italiani. La sicurezza è minacciata, l’invasione è in atto, e era ora che se ne accorgesse anche il governo, si affrettano a proclamare leghisti e simili.

L’invasione: uno dei punti di forza dell’era della post verità, una gigantesca fake news spacciata per realtà. L’Italia sta per essere invasa, così come l’Europa. Niente di più falso. Su questa narrazione si sta radicando una psicologia securista trasversale agli schieramenti politici, dai Cinque Stelle alla Lega, e ora anche il Pd che fa proprio il concetto coniato dall’attivissimo ministro dell’Interno secondo cui “sicurezza è un concetto di sinistra“.

E chiunque prova a contestarne, dati alla mano, che l’Italia sia “invasa”, viene messo all’indice o fatto fuori da sindaco, come è successo a Giusi Nicolini a Lampedusa. Papa Francesco, inascoltato, ripete in ogni dove che dietro ai numeri ci sono esseri umani, donne, uomini, bambini, una umanità sofferente che fugge dall’inferno di guerre, pulizie etniche, regimi sanguinari, disastri ambientali, povertà assoluta.

Pur di avere una chance per il futuro, la maggior parte di queste persone affidano la loro vita ai trafficanti di esseri umani, e per molti la vita si conclude sul fondo del mar Mediterraneo, divenuto il “mar della morte”, o asfissiati in container sovraffollati sulla rotta balcanica.

Mi permetto di dire che una parola nobile, non dico di sinistra, non è “sicurezza” ma, a mio avviso, “legalità”. E che la più grande dimostrazione di come sia possibile coniugare valori universalisti, come la solidarietà e il rispetto della dignità della persona, con il principio di legalità, la dimostrazione di come sia ancora possibile coniugare idealità e concretezza è rappresentata dalla straordinaria esperienza dei corridoi umanitari dei quali associazioni della società civile italiane sono state protagoniste.

Invece di impegnarsi a moltiplicare questi corridoi e a battersi a Bruxelles perché assuma e moltiplichi questa esperienza, si preferisce affrontare il tema migranti con una fallimentare concezione emergenzialista. Certo, parliamo di persone e non di numeri, ma a volte anche i numeri possono essere utili per smontare una narrazione che, per una manciata di voti, parla alla pancia del Paese.

E a quanti insistono, convinti, non a torto purtroppo, che se ripetuta dieci, cento volte, un bugia diviene verità, consiglierei di guardare con attenzione e rispetto alla storia di un piccolo Paese mediorientale, che nella sua storia ha conosciuto la pesantezza di guerre civili, ferite profonde non ancora completamente rimarginate; un Paese che non ha risorse petrolifere o di gas, che non è ricco come le petromonarchie del Golfo, ma che con grande dignità, e senza mai gridare all’invasione, si fa carico di un esodo biblico: questo Paese è il Libano.

Un Paese di 4 milioni di abitanti che ormai da tempo si fa carico di 1,5 milioni di profughi provenienti dalla vicina, martoriata, Siria. Non c’è bisogno di essere un Nobel per la matematica per fare una proporzione proiettandola su scala italiana, spagnola, francese, tedesca e via elencando tutti i Paesi dell’Unione.

Dicono: “Vengono tutti in Italia!”. Falso. In realtà, la maggior parte dei migranti non si “imbarca” per l’Europa. Degli oltre 65 milioni di persone costrette alla fuga nel 2015, l’86% è rimasto nelle aree più povere del mondo: il 39% in Medio Oriente e Nord Africa, 29% in Africa, 14% in Asia e Pacifico, 12% nelle Americhe, solo il 6% in Europa. In Italia si trovano 118.000 rifugiati (ovvero 1,9 ogni 1000 italiani) e 60.000 richiedenti asilo.

L’Italia è agli ultimi posti in Europa per incidenza dei rifugiati sulla popolazione totale. Rilanciano: “Sono pericolosi!”. In realtà, sono più vulnerabili che pericolosi. Studi internazionali negano una corrispondenza diretta tra l’aumento della popolazione immigrata e le denunce per reati penali. Se sono molti i detenuti stranieri nelle carceri italiane (34%), è dovuto a fattori precisi.

Per esempio, a parità di reato gli stranieri sono sottoposti a misure di carcerazione preventiva o controlli molto più spesso degli italiani. Insistono: “Li trattiamo meglio degli italiani. Accolti, serviti e riveriti. Mentre gli italiani faticano ad arrivare a fine mese e molti non hanno una casa, gli immigrati alloggiano in hotel e ricevono 35 euro ogni giorno. Tutti soldi sottratti a bisogni primari di molti cittadini italiani…”.

Altra “sparata”. In Italia, il sistema di accoglienza è gestito dal Ministero dell’Interno e comprende centri di prima e seconda accoglienza. L’insieme delle strutture ordinarie e dei servizi predisposti dalle autorità centrali e dagli enti locali è largamente insufficiente, tanto che più del 70% dei richiedenti asilo è attualmente ospitato in strutture temporanee e straordinarie.

La carenza di posti è aggravata anche dalle lungaggini burocratiche che protraggono i tempi di permanenza delle persone all’interno delle strutture, togliendo spazio ai nuovi arrivati. Il risultato è che i centri sono sovraffollati, con personale, strutture e servizi insufficienti a rispondere ai bisogni dei migranti e delle comunità di accoglienza.

Riguardo ai 35 euro, questi soldi non vanno in tasca ai richiedenti asilo, ma agli enti che si occupano della gestione dei centri e ne sostengono i costi (affitto delle strutture, salari per gli operatori, vitto e servizi di base per gli ospiti). In media, solo 2,5 euro al giorno – il cosiddetto “pocket money” – vengono corrisposti direttamente al richiedente asilo per le sue piccole spese quotidiane (ricariche telefoniche per chiamare i parenti nei paesi d’origine, acquisti di generi alimentari e non, etc…). Questi fondi per l’accoglienza vengono peraltro stanziati in parte rilevante dall’Unione Europea.

Quelli più “aperti”, suggeriscono: “Aiutiamoli a casa loro. È un errore continuare ad accogliere persone provenienti da Paesi poveri. Da noi non troveranno un futuro migliore. L’unico intervento ragionevole è mandare gli aiuti nei loro Paesi: solo così si eviterà che masse di poveri invadano l’Europa”. In realtà, la comunità internazionale da decenni si pone come obiettivo di eliminare la fame e la povertà estrema ma, nonostante sforzi e investimenti, i risultati sono ancora insufficienti.

Gli aiuti internazionali da soli non bastano a consentire il rientro a casa in sicurezza di chi fugge da conflitti, persecuzioni e violenza, e in alcuni contesti l’instabilità è tale che non esistono le garanzie minime di sicurezza per mantenere programmi di assistenza. Queste e altre falsità imposte come “verità”, sono smantellate da Medici Senza Frontiere, l’organizzazione internazionale che dà assistenza medica dove c’è più bisogno, ha lanciato la campagna online Anti-slogan“, un’iniziativa che punta a sfatare le dieci leggende sulla migrazione con risposte e dati “basati sulla realtà dei fatti, per diffondere un’informazione corretta e senza preconcetti”.

Intanto, costruttori di muri e di frontiere blindate in giro per il Vecchio Continente, continuano a suonare campane a morto: l’Europa è invasa!!! Ebbene, tra il 1 gennaio e il 31 maggio 2017 sono arrivati via mare in Europa 71.080 migranti: e questa sarebbe una “invasione”?

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