Lunedì ci sveglieremo in un Paese diverso

Fino a oggi, la Costituzione, nonostante una serie di riforme peggiorative, ha sempre e comunque rappresentato un fattore unificante degli italiani, forse l’unico e più ancora della religione. E fino a oggi, quando gli italiani sono stati chiamati a esprimere il loro parere su riforme costituzionali, lo hanno fatto sulla base di precise valutazioni politiche. Ma questa volta è diverso.

La personificazione della campagna elettorale, con la pretesa di trasformare il referendum in un plebiscito sulla figura dell’attuale premier ha scatenato, in un popolo tifoso come siamo noi italiani, i più bassi istinti. Il tutto – condito da una certa arroganza nei toni e dalla sovraesposizione mediatica senza precedenti di una sola delle fazioni in campo – produrrà una frattura nel popolo italiano, con effetti che si protrarranno nel lungo periodo. Lunedì ci saranno vincitori e vinti, non persone che hanno espresso una visione improntata a una diversa visione politica. Non può essere altro che così, quando la mentalità di chi comanda è quella di un giocatore d’azzardo, rilanciare, rilanciare sempre e giocarsi tutto quando si sta perdendo. Questo è un gioco pericoloso, in tempi di grandi trasformazioni sociali e di enormi tensioni sopite.

Dire a questo punto che la posta in gioco non è soltanto la riforma costituzionale, ma la democrazia nel nostro paese, non è probabilmente un’esagerazione. Sentir dare del fascista a un partigiano che ha combattuto per la libertà nel nostro Paese va al di là di quelli che sono i modi della più aspra contesa politica. Apre una frattura, costringe chi ascolta a schierarsi (e questo è un bene), ma volgarizza lo scontro, perché l’unico modo, o almeno il più facile, per rispondere a un insulto è con un altro insulto.

Per quanto mi riguarda, vedo molto difficile anche solo lontanamente pensare di poter costruire una coalizione per le prossime tornate elettorali con chi si è schierato a favore del SI, con chi ha avallato (anche soltanto con il proprio silenzio, perché in certi casi il silenzio è connivenza) questa indegna propaganda. So che probabilmente questa mia presa di posizione radicale mi costringerà a una scelta minoritaria e forse solitaria, ma ci sono dei valori che ritengo di non poter negoziare.

C’è un rischio di deriva autoritaria ed è tangibile, perché fa parte del nostro DNA e della nostra storia, anche se cercano di farci credere il contrario. In fin dei conti siamo un popolo di individualisti, che non amano troppo impegnarsi collettivamente per affermare un progetto di cambiamento e che troppe volte hanno accettato la logica dell’uomo solo al comando. Questo fa il gioco di alcuni dei poteri forti della finanza internazionale che vorrebbero trasformare il nostro Paese in un supermercato di beni difficilmente esportabili, quali il paesaggio, il clima, la bellezza. Avanti il miglior offerente!

In opposizione a questo rischio, nella volgarizzazione e banalizzazione della politica si sente spesso sostenere che la democrazia non è in pericolo perché comunque si continuerà ad andare a votare. Mi permetto di dissentire, innanzitutto perché quando a votare è appena la metà degli aventi diritto vuol dire che c’è un problema politico molto grave. In secondo luogo, in Afghanistan, Iraq, Libia si va a votare periodicamente, ma è davvero aumentata la democrazia in quei paesi? In terzo luogo, la democrazia è qualcosa che nasce dalla storia di un popolo, dalle sue conquiste, è un qualcosa che si afferma piano piano, non una procedura computistica. Mussolini e Hitler dapprima passarono per le urne, poi passarono a vie di fatto.

La democrazia perché sia tale deve essere passione, partecipazione, partigianeria, coscienza di sé. Confronto e scontro, ovviamente secondo determinate regole. Tesi, antitesi, sintesi aventi come unico obiettivo il bene comune, sebbene declinato partendo da visioni ideologiche differenti. Guarda caso, il metodo che venne scelto nel corso dei lavori della Costituente.

De Gasperi, uomo dal quale idealmente tutto mi divide, era membro eletto dell’Assemblea Costituente, ma, visto che rivestiva l’incarico di presidente del Consiglio dei ministri, decise di non interferire in alcun modo nel lavoro dei delegati. Possiamo solo immaginare quanto questa scelta gli sia potuta costare, perché nell’aula parlamentare si stava scrivendo la storia dell’Italia e lui si costrinse a rimanerne ai margini. Ma De Gasperi era uno statista e guardava al bene delle generazioni future; non era un giocatore, non cercava il risultato immediato, il successo personale.

Ultima considerazione di giornata. I giovani. Da alcuni sondaggi, pubblicati circa un mese fa, è emerso che fra chi ha meno di 34 anni prevale la scelta per il NO, mentre il SI prevale fra chi ha più di 55 anni. Questo dato, confermato anche da alcune conversazioni che ho avuto con dei ragazzi, deve essere stato un duro colpo per il giovanilismo che ha sempre accompagnato la carriera politica dell’attuale presidente del Consiglio. Sono convinto che i giovani ci stupiranno, anche se non li comprendiamo. Hanno un modo di approcciarsi alla politica diverso dal nostro, si informano attraverso altri canali, non manifestano le loro idee come facevamo noi alla loro età. Questo dimostra che non basta avere le gambe buone e il passo elastico per essere considerato giovane dai giovani (purtroppo basta per esserlo fra gli anziani), ma ci vuole una mente aperta, sincera, curiosa.

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Sandro Pertini

Renzi non è, anche se vorrebbe apparire tale, giovane politicamente. Lo è soltanto anagraficamente. Pertini, invece, quando era presidente era indubitabilmente vecchio anagraficamente, ma al contempo era giovanissimo politicamente e umanamente (basti pensare alla simpatia che le sue idee, la sua storia e la sua vicenda politica incontrano ancora oggi a più di vent’anni dalla morte anche fra chi a quel tempo era poco più che un neonato).

La Costituzione del ’48 è fresca e giovane perché erano fresche e giovani le menti che la partorirono, e ciò la rende immortale. La Costituzione rimaneggiata, qualora la riforma passasse, nasce già vecchia, così come sono vecchie le menti che l’hanno partorita, frutto di calcoli di convenienza e di opportunità, già in partenza destinata ad essere emendata e modificata in tempi brevi.

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