HLVS, Comandante Fidel

Fidel Alejandro Castro Ruz

Fidel Alejandro Castro Ruz

“Un dittatore brutale, ha oppresso il suo popolo. Farò di tutto per contribuire alla libertà dei cubani”. Questa la dichiarazione di Donald Trump, il quale, quando si riferisce alla libertà ha in mente soltanto quella del mercato, quella che permette lo sfruttamento da parte di alcuni uomini su altri uomini, di una risicata minoranza nei confronti di una stragrande maggioranza. Basterebbe la dichiarazione del nuovo presidente degli Stati Uniti per rendermi simpatico Fidel, se anche non ne avessi conosciuto la storia, e farmi decidere da quale parte stare.

Ma qui stiamo parlando di una delle figure più importanti del Novecento, non del dittatorello della Repubblica delle Banane, come vorrebbe farlo sembrare Trump e sappiamo (noi. Trump è da vedere…) che nessun leader politico, nemmeno se fosse un feroce sanguinario, riesce a mantenere il potere se alla lunga perde il consenso popolare. Stiamo parlando dell’ultimo simbolo vivente della Rivoluzione (sì, con la “R” maiuscola), del sogno di quella liberazione dei popoli oppressi che ha stimolato la fantasia di intere generazioni di giovani, frammisto alla volontà di riscatto, di abolizione del colonialismo, della divisione del mondo in Stati ricchi sfruttatori e Stati poveri sfruttati. Una fase rivoluzionaria che, a partire da Lenin e dai bolscevichi, passando per Mao, Ho Chi Mihn, è arrivata a giorni vicini ai nostri con Thomas Sankara e i diversi leader che hanno saputo affrancare i loro popoli nell’America centrale e meridionale.

La mia generazione, quella che ha iniziato ad avvicinarsi alla politica nella seconda metà degli anni Settanta, ha visto nelle figure dei rivoluzionari cubani, più che in altre, l’incarnazione di un sogno. Ci erano più vicine culturalmente e temporalmente rispetto ad altri forse più importanti. E, anche se Cuba per dimensioni e importanza geopolitica, non può neanche lontanamente essere paragonata all’ex Unione Sovietica o alla Cina, stava lì, come una spina piantata nel fianco della superpotenza egemone. E che spina! Non riuscivano a estrarla e ogni volta che ci provavano, l’infezione si aggravava.

Fidel Castro in un momento di riposo sulla Sierra Madre

Fidel Castro in un momento di riposo sulla Sierra Madre

A favore della rivoluzione cubana, poi, nel nostro immaginario collettivo giocava un ruolo determinante l’innata allegria di questo popolo, la sua storia secolare di guida della lotta contro il colonialismo, la sua capacità di aiutare gli altri popoli dell’America latina e del mondo nella loro lotta contro l’oppressione imperialistica. Come poteva passare inosservata la trasformazione che un grande leader (anzi il lider maximo), carismatico e visionario (utilizzando entrambe le parole nella loro connotazione migliore), aveva saputo dare al suo paese. E quanto ci mancava una figura analoga di riferimento in Italia. Cuba trasformata dal bordello/sala giochi che era ai tempi di Batista, esempio più eclatante della depravazione cui può condurre l’economia liberista – popolo analfabeta, agricoltura monoculturale in mano a gigantesche multinazionali, sfruttamento indiscriminato delle risorse -, in una università a cielo aperto, con un altissimo tasso di scolarizzazione, un numero di medici tale da consentirne l’esportazione, un ruolo di faro per il resto dei popoli americani di lingua spagnola. Perché Fidel aveva un altro sogno nel cassetto: quello di unire i popoli dell’America latina e trasformali in una grande forza propulsiva verso il progresso dell’umanità. E aveva trovato molti compagni per questo viaggio: Salvador Allende, Augusto César Sandino, Pepe Mujica, Hugo Chavez.

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Fidel Castro mentre conversa con Ernesto “Che” Guevara

Nell’iconografia della sinistra mondiale, la figura di Fidel era parzialmente oscurata da quell’altra, enorme, di Ernesto “Che” Guevara, rivoluzionario a tutto tondo, che diede la vita per rincorrere i propri ideali. Dal punto di vista di un giudizio storico, forse più asettico, ma più rispondente a verità, Fidel Castro ha avuto un’importanza maggiore di Guevara, perché ha saputo governare per quasi cinquant’anni e sappiamo quali attacchi ha dovuto fronteggiare e quale nemico aveva di fronte.

In ogni caso, se ne va un simbolo, un testimone del tempo, una figura che ha incarnato il Novecento nella sua veste migliore. Un personaggio che da oggi è Storia, la cui opera dovrà essere studiata e un esempio per le future generazioni, cubane ma non solo.


Qualche anno fa è stato pubblicato un libro bellissimo, Autobiografia a due voci, frutto di una lunga serie di conversazioni fra Fidel Castro e Ignacio Ramonet, all’epoca direttore di Le Monde Diplomatique. Per chi avesse voglia di cimentarsi con la lettura di un tomo di discrete proporzioni, in lingua originale, il testo è disponibile su Internet in PFD (Biografía a Dos Voces). Un’altra opera imperdibile è La Historia me Absolverá, testo del discorso di autodifesa che Castro tenne in occasione del processo cui fu sottoposto dopo il fallito assalto alla Moncada del 1956 (anche questo disponibile su Internet in spagnolo).

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