L’ennesima “imprecisione” sul referendum costituzionale

logo-comitato-no14Lasciamo perdere la campagna pubblicitaria sui cartelloni esposti in bella posizione nelle città italiane, lasciamo perdere la querelle sul quesito referendario pubblicato sulla bozza di scheda elettorale, lasciamo perdere quasi tutto, ma non la boutade di qualche giorno fa del presidente del Consiglio.

Nel corso del dibattito televisivo con Zagrebelski, infatti, a un certo punto gli è scappato detto che “è così in tutti i Paesi”. Se vogliamo essere gentili si tratta dell’ennesima imprecisione, determinata forse dal fatto che i troppi impegni istituzionali (e televisivi) impediscono il ripasso di una materia che però, da laureato in giurisprudenza, Renzi dovrebbe conoscere bene,

Spiace contraddire, ma è esattamente l’opposto. Non è infatti così in nessun paese, salvo Germania e Austria, che però sono stati federali, cosa che noi non siamo.

In una rapida disamina dell’argomento, Ugo Genesio, magistrato emerito, ci dice che nemmeno negli Stati Uniti il Senato è nominato dai parlamenti locali. O meglio, non lo è più dopo che ciò comportò un notevole scandalo e la Costituzione del 1787 venne emendata nel 1913 (Non è vero che “è così in tutti i paesi). Quindi, negli USA i senatori vengono eletti. Ma anche gli Stati Uniti sono un paese federale e quindi non sono paragonabili al nostro.

In Gran Bretagna, la Camera alta è composta dai Lord, che sono tali per diritto dinastico o per nomina regia. In Francia i senatori sono scelti mediante una elezione di secondo livello, da 150.000 amministratori locali che, in questa occasione, ricoprono il ruolo di “grandi elettori” (per dettagli maggiori e per avere la conferma che in nessun paese è così, rimando a un articolo pubblicato sul mio vecchio blog: Come funziona il Senato negli altri Paesi europei), ecc. ecc. Se poi entriamo nel merito dei dettagli dei sistemi istituzionali, arriviamo a scoprire che sono più le differenze che le similitudini, fra paese e paese. Ogni stato ha il proprio sistema che si è sviluppato sulla base di tradizioni, consuetudini, battaglie politiche anche aspre.

Perché, dunque, è stata detta questa “imprecisione”? Che gli italiani siano un popolo esterofilo è cosa risaputa, ma davvero siamo così ignoranti da berci qualsiasi affermazione fatta in televisione? Ed è possibile che su questa presunta ignoranza si costruiscano le campagne referendarie? Secondo me, la risposta ad entrambe queste ultime domande è no. Sarò un inguaribile ottimista, ma troppe volte sono rimasto stupito dalle scelte dei miei concittadini, non ultimo il caso del referendum sull’acqua pubblica quando, contro tutte le aspettative, si raggiunse il quorum.

Sono convinto che gli italiani abbiano, forse non del tutto a livello conscio, il senso della evoluzione della loro storia, della loro unicità e che, sotto sotto, ne vadano orgogliosi. Poiché amiamo parlare di politica, tendenzialmente diffidiamo delle semplificazioni, pur rendendoci conto che a volte potrebbero essere utili per governare l’immediato. Quel grande genio politico che fu Gramsci queste cose le intuì e scrisse nei suoi Quaderni del Carcere. Riflessioni attualissime che mi fanno ben sperare sulla rivincita del popolo italiano e sulla sconfitta dei banchieri americani di JP Morgan.

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