Per l’Europa della democrazia e della cittadinanza

Nei giorni scorsi, insieme agli amici di lunghissima data Francesca Lacaita e Nicola Vallinoto, ci siamo confrontati e abbiamo cercato di mettere sulla carta alcune riflessioni sul futuro dell’Europa. Lo stimolo ci è stato dato dalla iniziativa di Yanis Varoufakis che, con il suo Diem25, sta cercando di avviare un dibattito per il cambiamento delle istituzioni dell’UE. Qui di seguito c’è quanto abbiamo “partorito”.

Non sprecheremo troppe parole per descrivere la costruzione europea che si sta sfaldando: i fatti, evidenti quanto eloquenti, sono sotto gli occhi di tutti. Una cosa però la diciamo: le involuzioni a cui assistiamo colpiscono specificamente determinati elementi del progetto europeo, che si potrebbero sussumere nella categoria dell’“Europa dei cittadini”. L’innalzamento di muri e di barriere con cui s’intende rispondere al dramma dei profughi richiama i tempi oscuri di non molti decenni fa, e che gli europei credettero di lasciarsi alle spalle con la caduta del muro di Berlino.

La crisi del sistema Schengen tocca un aspetto tra i più visibili e “vissuti” dell’integrazione europea, assieme alla moneta unica. Del resto non è mancato chi dalla moneta unica voleva espellere un intero paese, la Grecia, quello più duramente provato dalle ricette austeritarie “europee”, e al quale l’intero consesso decisionale europeo ha voluto spezzare le reni, umiliandone la volontà democratica in base al principio – adottato nei fatti, se non fatto proprio esplicitamente – che “non si può consentire che un’elezione cambi alcunché”. Questa tetragona risolutezza tuttavia, che è riuscita a piegare la Grecia, non è pervenuta nei confronti delle regressioni di democrazia e stato di diritto in Ungheria e Polonia, ed è vacillata pericolosamente nelle trattative con il Regno Unito, per trattenere il quale (evidentemente più prezioso della Grecia) nella UE si è sacrificato il principio di non discriminazione tra cittadini europei (peraltro già ripetutamente sottoposto a eccezioni, come nelle disposizioni transitorie imposte ai cittadini dei paesi dell’Europa del Sud e dell’Est per vari anni dopo la loro adesione alla UE, o in sentenze della Corte Europea di Giustizia quali quelle Viking e Laval).

In altri termini: a rimetterci sono soprattutto i diritti di cittadinanza europea, il principio di uguaglianza tra cittadini e stati europei, l’idea di una collettività europea o transnazionale in quanto tale, lo stesso principio di sovranità popolare, sia a livello nazionale, in modo più o meno palese a seconda dei paesi, sia a livello europeo, dove non si è mai affermato e ora sembra più lontano che mai. In che misura tutto questo è il frutto avvelenato di una lunghissima crisi che ha dato fiato a nazionalismi e populismi, in che misura corrisponde invece alla visione che hanno le attuali classi dirigenti europee della “buona società”? È nella risposta implicita a questi interrogativi che vanno considerati i silenzi, la confusione, la complicità, lo sgomento di tanti europeisti davanti a questo stato di cose.

Segue sul sito Europa in Movimento

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