In risposta al Family Day

Come si poteva facilmente prevedere, il Family Day si è rivelato essere – oltre che un tentativo della Chiesa di riabilitare la propria immagine sconvolta dalla grande quantità di scandali – una passerella per politici di destra e centro-destra.

Naturalmente la richiesta dei partecipanti alla manifestazione è quella di essere tutelati nei loro diritti, ma si tratta di una richiesta a mio parere illogica, perché nessuno intende limitare il diritto di costituire una famiglia in senso tradizionale, né tanto meno ledere le sue prerogative.

Il punto chiave è quello delle adozioni. Si sostiene che i figli di genitori dello stesso sesso siano più esposti di quelli nati in famiglie tradizionali, nonostante la maggior parte degli studi scientifici seri (non quelli commissionati e realizzati ad arte) dimostri esattamente il contrario (v. l’articolo di Eugenia Romanelli, Famiglie omogenitoriali: cosa dicono davvero gli studi mondiali, blog del Fatto Quotidiano).

Eppure, da quel poco di cronaca che leggo o vedo al telegiornale, gli infanticidi, i maltrattamenti e le vessazioni nei confronti di minori si svolgono tutti in famiglie tradizionali, di quelle che si vogliono a tutti i costi difendere e preservare. In fin dei conti, anche in famiglie eterogenitoriali, chi adotta un bambino lo fa dopo un’attenta valutazione, prima all’interno della propria sfera affettiva, poi da parte delle istituzioni a ciò preposte.

Infine, e credo sia corretto considerare anche questo aspetto, buona parte di queste rivendicazioni tradizionaliste va collocata nel quadro più complessivo della paura del diverso, una paura che, in un momento di crisi come quello attuale, pervade buona parte della popolazione, in genere quella meno attrezzata culturalmente e/o criticamente ad affrontare le difficoltà del vivere quotidiano. In questa logica si colloca la paura dei migranti, degli omosessuali, degli zingari, ecc.

Comunque, per farla breve, il giudizio più calzante sull’atteggiamento della Chiesa cattolica in materia di diritti lo diede Gaetano Salvemini qualche decina d’anni fa, quando disse:

I cattolici rivendicano la loro libertà in base ai nostri principi (quelli laici) e negano le nostre libertà in base ai loro principi (quelli religiosi).

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